Alimentazione e Integratori

La Vitamina D previene il COVID-19?

Si. Ma soprattutto: NO.

C’è un equivoco diffuso, negli ultimi mesi, che riguarda la Vitamina D e la maggiore o minore probabilità di sviluppare sintomi da COVID-19.

All’inizio della pandemia, durante le fasi di maggiore saturazione degli ospedali, molti pazienti, per lo più anziani, che mostravano un quadro sintomatologico COVID-19 grave o critico, erano carenti di vitamina D.

Una terapia d’urto (tra le tantissime cui viene normalmente sottoposto ancora oggi un paziente COVID-19 ospedalizzato) era proprio quella di ripristinare farmacologicamente i livelli ottimali di Vitamina D. Da lì la falsa deduzione che l’integrazione di Vitamina D potesse in qualche modo prevenire l’insorgenza di sintomi da COVID-19.

In realtà, anche se è vero che la Vitamina D ha un ruolo nel sistema immunitario, questo ruolo è importante solo in caso di CARENZA di questa Vitamina. Livelli normali o ottimali di Vitamina D né migliorano, né peggiorano la risposta immunitaria.

Per fare un esempio pratico e comprensibile: Se hai un’automobile e non metti benzina, questa si ferma. Se però fai benzina, che tu ne metta 5 euro o che tu faccia il pieno, se fai una gara al semaforo con una MacLaren di F1 sei comunque destinato a perdere miseramente.

In parole povere, l’integrazione di vitamina D ha un senso solo se si è oggettivamente certi di esserne carenti (il parere del medico in genere è consigliato!). Livelli normali di Vitamina D non aumentano o diminuiscono la possibilità di sviluppare sintomi da COVID-19 e integrarla senza alcuna valida motivazione non serve a nulla.

Uno studio dell’Università di Chicago, in Settembre 2020, ha posto la pietra tombale sulla questione: Vitamin D deficiency may raise risk of getting COVID-19


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